Si può andare in montagna con la fibrillazione atriale

Ancor oggi frequentemente un atteggiamento aprioristicamente restrittivo porta i medici a sconsigliare ai cardiopatici il soggiorno a quote > 1000 m. Questo atteggiamento non è però sostenuto da alcuna dimostrazione scientifica.
Dopo aver analizzato gli adattamenti cardiocircolatori nel corso di un’esposizione ad un ambiente montano d’alta quota, vengono riportati i principali studi sul comportamento del paziente coronaropatico in montagna, in particolare durante sforzo.
Sulla base di queste esperienze si può affermare che i coronaropatici, asintomatici, che abbiano eseguito recentemente una valutazione clinica e strumentale con esito soddisfacente, possono soggiornare in montagna anche fino a 3000 m e praticare l’escursionismo e lo sci di fondo e di discesa. I rischi appaiono legati a fattori indipendenti dall’altitudine, quali esposizione al freddo eccessivo o intensi stimoli emotivi per situazioni di pericolo, condizioni che pertanto andranno evitate.
Un approccio individuale andrà invece seguito per le altre cardiopatie congenite ed acquisite, per le quali si dovrà tener conto, oltre che della situazione clinica del paziente, anche delle particolari caratteristiche dell’ambiente montano (ipossia, isolamento, difficoltà di accesso a strutture ospedaliere attrezzate).
Infine, il paziente iperteso dovrà, vista la tendenza ad un aumento dei valori pressori, controllare frequentemente i suoi valori durante la permanenza in quota ed eventualmente aggiustare la terapia.

E' la stagione dello sci e delle passeggiate in montagna. Sono migliaia le persone che, ogni anno e soprattutto in questi mesi, vanno oltre i 2.500 metri di altezza. Sull'European Heart Journal sono state pubblicate le raccomandazioni cliniche per l'esposizione ad alta quota di persone con condizioni cardiovascolari preesistenti. Un documento redatto da un team internazionale di ricercatori destinato ai medici, ma realizzato per rispondere ai dubbi di chi ama la montagna, e non intende rinunciarci anche se soffre di una patologia cardiovascolare.

"Parliamo di pazienti con insufficienza cardiaca, cardiopatia ischemica, come angina, infarto. Con ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, ipertensione polmonare, cardiopatie congenite, malattie cerebrovascolari, come ictus e TIA. Con valvulopatie cardiache, problemi di coagulazione del sangue e trombosi - spiega Gianfranco Parati, professore di medicina cardiovascolare all’Università di Milano-Bicocca, direttore dell’Unità operativa di cardiologia dell’istituto Auxologico San Luca di Milano e primo autore della pubblicazione - . Sono quelli ai quali si dice in genera non vada troppo in alto. A tutti loro ora possiamo offrire raccomandazioni estratte da una estesa ricerca nella letteratura del settore, indicazioni basate su evidenze scientifiche" . I dati sono stati anche ricavati
dall'HighCare il progetto in cui Parati e i suoi collaboratori hanno stato studiato il sistema cardiovascolare ad alta quota sul campo, nel corso di spedizioni su Alpi, Ande e Himalaia. "Fino ad oggi  - riprende  Parati - non erano mai state emesse raccomandazioni di questo tipo con il supporto di così tante società scientifiche”.

. IL MAL DI MONTAGNA
Ma cosa succede all’apparato cardiocircolatorio quando si va tanto in alto? “Con l’aumento dell’altitudine  – riprende l’esperto - si riduce la pressione atmosferica e di conseguenza diminuisce la pressione di ossigeno nell’aria. Si viene cioè a creare un ambiente ‘ipossico’ in cui la tolleranza all’esercizio fisico si riduce. In queste condizioni è piuttosto comune la comparsa del cosiddetto ‘mal di montagna’”.
Il mal di montagna è la manifestazione della difficoltà di adattamento dell’organismo all’alta quota e si manifesta con cefalea, nausea, affaticabilità e disturbi del sonno quando si va su rapidamente. “É una condizione benigna e transitoria ma che qualche volta può evolvere in forme più gravi. In particolare se si hanno patologie cardiocircolatorie” , riprende Parati.

.QUANDO IL CUORE VA OLTRE I 2500
La riduzione della pressione di ossigeno tipica dell’alta quota provoca una serie di reazioni. "Un aumento di pressione arteriosa e frequenza cardiaca, una stimolazione del cuore che cambia forza e modalità di contrazione, un irrigidimento delle arterie con un aumento della velocità dell’onda di polso e un aumento della cosiddetta pressione centrale, un aumento del numero di globuli rossi con conseguente maggiore densità del sangue, la modifica di alcuni ormoni che possono avere effetti sull’apparato cardiovascolare - aggiunge l'esperto - . Per tutte queste ragioni  i pazienti affetti da malattie dell’apparato cardiocircolatorio devono valutare con attenzione la possibilità di andare in alta montagna, insieme al medico: in molti casi è possibile,  ma solo a patto che si seguano alcune regole di base”.

Ecco le regole da seguire stilate dagli esperti:

1.   prepararsi fisicamente prima di ascendere con jogging, camminate, ascese in quota ripetute come allenamento nei mesi precedenti.

2.      accertarsi di essere in condizioni cliniche stabili. Se c’è stato un infarto al cuore o una ischemia, e è stata effettuata procedura di rivascolarizzazione (angioplastica, by pass, eccetera) far passare almeno 6 mesi prima di considerare ascese in quota. E verificare sempre prima la stabilità delle condizioni cliniche con esami ad hoc da decidere con il proprio medico. Tra questi un test da sforzo, normale o sensibilizzato all’ipossia, un ecocardiogramma, un monitoraggio della pressione 24h se è presente ipertensione arteriosa, esami del sangue, una valutazione spirometrica in caso di problemi respiratori….

3.   Se si assume una terapia, come nel caso di chi soffre di pressione alta, valutare caso per caso se vada modificata in quota su consiglio del medico. Questo è il caso soprattutto per pazienti con un elevato rischio cardiovascolare, per i quali una destabilizzazione in quota potrebbe rappresentare un problema. Non è il caso del giovane iperteso a basso rischio, per esempio, per il quale anche un rialzo pressorio in quota di pochi giorni non rappresenta un vero problema.

4.  Non ascendere troppo velocemente. Se si pensa di soggiornare in quota per più di 6-7 ore, salire progressivamente, con lentezza. Se possibile trovare un posto dove dormire un poco più in basso (di notte la saturazione di ossigeno nel sangue diventa minore per l’insorgere di apnee nel sonno).

  5.  Curare l’alimentazione, che deve essere leggera, con sali minerali, vitamine, contenuto bilanciato di zuccheri, proteine e grassi in forma digeribile. Bere. Evitare fumo di tabacco e alcoolici.  Eventualmente assumere farmaci per prevenire il mal di montagna, ma sempre con consiglio del medico.

  6. Non stancarsi troppo,  una volta raggiunta la quota non fare attività fisica intensa immediatamente, ma prendersi un periodo di riposo e acclimatazione (24 ore almeno).

Quale altitudine possono andare cardiopatici?

“I pazienti cardiopatici ipertesi, affetti da scompenso o con cardiopatia ischemica cronica, in montagna non dovrebbero superare 1.000 – 1.500 metri di altitudine, oltre che arrivarci facendo delle tappe intermedie, utili per consentire all'organismo di adattarsi alle diverse altitudini e mettere in pratica i diversi ...

Chi ha la fibrillazione atriale può andare al mare?

“Le vacanze al mare non implicano particolari controindicazioni per chi soffre di cuore– risponde il cardiologo -. Tuttavia, regola che vale per tutti, è bene evitare di esporsi al sole nelle ore più calde ed è necessario idratarsi adeguatamente.

Perché i cardiopatici non possono andare in montagna?

A causa del minor livello di ossigeno, in montagna si inizia a respirare più velocemente (fenomeno detto iperventilazione), l'ipossia inoltre stimola una vasocostrizione simpatico-mediata che porta ad un aumento della pressione arteriosa (soprattutto in pazienti già ipertesi) e della frequenza cardiaca provocando un ...

Perché il freddo fa male ai cardiopatici?

“Questo perché l'abbassamento della temperatura comporta la costrizione dei vasi sanguigni e, di conseguenza, si ha un aumento delle resistenze vascolari periferiche che tendono a fare aumentare la pressione”, spiega il dottore.