Quando una causa civile va in prescrizione

Da circa due a circa 8 anni di processo: ecco quanto pu� durare una causa civile 2022 nel nostro Paese. Cosa c�� da sapere

Quali sono i tempi medi per una causa civile 2022 in Italia?

Stando agli ultimi dati resi noti, per un processo civile di primo grado di servono in media 514 giorni quasi un anno e messo che diventano quasi tre per arrivare al secondo grado e ben quattro anni per arrivare al terzo grado.  Complessivamente per una causa civile in Italia, dal momento della denuncia alla sentenza, servono quasi 8 anni che si riducono a ‘solo’ un anno e mezzo per una causa civile più semplice, dalla denuncia alla sentenza primo grado.

I tempi della giustizia italiana, ormai è chiaro e ben noto, sono lunghi e molto lenti, per arrivare al termine di un processo si sa sin dall’inizio che bisogna attendere anni e anni. E i tempi di attesa sono differenti a seconda che si tratti di cause civili o penali e della tipologia stessa di causa da affrontare. Vediamo allora quanto dura un processo civile in Italia dal momento della denuncia alla sentenza di primo grado.

  • Tempi medi causa civile 2022
  • Tempi medi processo civile da denuncia a sentenza primo grado

Tempi medi causa civile 2022

I tempi medi delle cause civili 2022 nel nostro Paese dipendono da diversi fattori che sono, in particolare:
collocamento geografico della causa;
tipologia di causa.

Per fare qualche esempio, per un processo civile per un decreto ingiuntivo di lavoro servono in media 22 giorni, che possono arrivare a oltre 500 per cause civili per controversie in materia di locazioni, fino anche a tre anni per la sentenza di primo grado in una causa civile per un contratto bancario.

Per entrare un po’ più nel dettaglio, stando agli ultimi dati resi noti, per una causa civile di primo grado serve in media un anno e mezzo che diventano quasi tre per arrivare al secondo grado e ben quattro anni per arrivare al terzo grado. 

Complessivamente per una causa civile in Italia, dal momento della denuncia alla sentenza, servono quasi 8 anni che si riducono a ‘solo’ un anno e mezzo per una causa civile più ‘semplice’, dalla denuncia alla sentenza primo grado.

Tempi medi processo civile da denuncia a sentenza primo grado

Entrando nel merito dei tempi di una causa civile dal momento della denuncia alla sentenza di primo grado, la durata, come detto, dipende da tipo di causa, materia della causa e procedura in base anche al numero di udienze, considerando che tra un’udienza e un’altra passano molti mesi.  Dal momento della denuncia alla prima udienza i mesi che possono trascorrere per il via ad un processo civile possono essere diversi e ulteriori ne passano per la sentenza.

Stando, in realtà, a quanto previsto dalla legge, una sentenza di primo grado per una causa civile dovrebbe essere emessa entro 30 giorni dal deposito delle note conclusive, ma spesso si impiegano 6 anche 7 mesi. Ma, ribadiamo, tutto dipende dal tipo di causa da affrontare.

Per esempio dal momento in cui si sporge una denuncia e si attende un decreto ingiuntivo ci vogliono solitamente due o tre mesi, in alcuni tribunali serve più tempo, in altri meno.

Se poi il debitore fa opposizione la causa civile vera e propria per cui in media, dal momento della denuncia alla sentenza di primo grado ci vogliono dai tre ai cinque anni. Se udienze e testimoni da ascoltare sono relativamente pochi e non servono particolari consulenze tecniche, possiamo dire che si tempi possono fermarsi ai tre anni circa per una causa civile.

Se, al contrario, i testimoni da ascoltare sono tanti, vengono richieste diverse consulenze tecniche e il numero delle udienze aumenta, allora aumentano anche i tempi. Per esempio, per cause ereditarie complesse i tempi si allungano fino anche a 7-8 anni, mentre i tempi sono molto relativamente molto brevi, circa 2 anni, per una causa civile di ricorso contro una sanzione amministrativa.

Da circa due a circa 8 anni di processo: questo � il periodo di tempo in cui 2022 cause civili possono rimanere nel nostro Paese. Cose da sapere

Cos’è e come funziona l’istituto della prescrizione nel diritto civile e penale

La prescrizione nel diritto civile e penale è un istituto giuridico che concerne gli effetti giuridici del trascorrere del tempo su un certo procedimento giudiziario.
La prescrizione del diritto civile si esplica in un termine finale entro il quale un determinato diritto, se non esercitato, si estingue. Mentre la prescrizione nel diritto penale consiste in una causa di estinzione del reato, che si verifica quando non è stato possibile raggiungere una sentenza definitiva di condanna entro un dato termine disciplinato dalla legge stessa.

La prescrizione nel diritto civile

L’articolo 2934 del codice civile disciplina l’istituto in esame prevedendo la prescrizione quale causa di estinzione di ogni diritto non esercitato per un dato termine, fatti salvi i diritti cosiddetti indisponibili e gli altri diritti tassativamente stabiliti dalla legge. Perché, dunque, possa parlarsi di prescrizione in ambito privatistico devono sussistere tre presupposti:

  • l’esistenza di un diritto soggettivo, concretamente esercitabile dal titolare del diritto stesso;
  • l’inerzia del titolare nell’esercitarlo;
  • il trascorrere di un dato tempo.

L’oggetto della prescrizione, come detto, non è assoluto e ne restano, infatti, esclusi quei diritti dei quali neppure il titolare può disporre (c.d. indisponibili) ed altri specificamente indicati dalla legge; fanno parte della categoria dei diritti indisponibili i diritti di natura personale, quali il diritto alla vita, alla salute, al voto e quelli derivanti dal matrimonio o da legami famigliari; tra i diritti, invece, non indisponibili ma comunque esclusi dalla prescrizione, rientrano il diritto di proprietà, il diritto dell’erede di riconoscimento della sua qualità contro chiunque possieda i beni ereditari, il diritto di chiedere la nullità di un contratto, il diritto di chiedere che vengano rispettate le distanze legali tra costruzioni o il diritto di far accertare in giudizio l’inesistenza di una servitù sui propri immobili.

Il termine prescrizionale inizia a decorrere dal momento in cui il relativo diritto potrebbe essere esercitato. Il termine della prescrizione ordinaria è decennale; questo significa che, ogni qual volta la legge non stabilisca un differente periodo temporale, si applicherà tale termine. Per specifici diritti, tuttavia, sono previsti differenti termini più lunghi o più brevi rispetto a quello ordinario; per esempio, si prescrivono in venti anni i diritti reali su cosa altrui (che si distinguono in due categorie: i c.d. diritti di godimento, quali la servitù, l’uso e l’abitazione e l’usufrutto, e i c.d. diritti reali di garanzia, come il pegno o l’ipoteca); si prescrivono in cinque anni i diritti che derivano da rapporti societari, il diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale o il diritto all’indennità spettante da cessazione da rapporto di lavoro; si prescrive in due anni il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli; si prescrivono in un anno i diritti del mediatore e quelli derivanti da contratto di spedizione o di trasporto. Questi termini possono essere soggetti a sospensione o a interruzione; essi si intendono sospesi quando ancora il diritto non è stato esercitato, ma tale inerzia è giustificata dalla legge; le cause di sospensione della prescrizione sono tassativamente disciplinate dall’art. 2941 c.c. e riguardano specifici rapporti tra le parti, ad esempio tra i coniugi, tra genitori e figli minorenni o tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto. Il termine di prescrizione, invece, si intende interrotto quando il titolare del diritto lo ha esercitato, ad esempio proponendo la relativa azione giudiziaria, o quando colui contro il quale il diritto può essere fatto valere riconosce l’esistenza del diritto stesso; l’interruzione comporta il decorrere di un nuovo termine prescrizionale ex novo, senza che del tempo trascorso precedentemente possa essere tenuto conto nel computo finale.

La prescrizione nel diritto penale

Alla stessa ratio enunciata per il diritto privato, soggiace la prescrizione in ambito penalistico, la quale in egual modo esprime l’incidenza del trascorrere del tempo sulle vicende giuridiche, comportando l’estinzione del reato. In particolare, l’articolo 157 del codice penale afferma il principio secondo cui il termine prescrizionale muti in relazione al tipo di reato commesso; specificamente ogni reato si ritiene estinto, decorso il tempo corrispondente al massimo edittale della pena inflitta per quel reato stesso; la norma afferma, altresì, che, indipendentemente dalla pena prevista, la prescrizione non possa verificarsi in un termine inferiore ai sei anni per un delitto e ai quattro anni per una contravvenzione, anche se puniti con sola pena pecuniaria. È regola generale che ai fini della individuazione del massimo edittale di pena, e quindi del termine di prescrizione, non si tenga conto delle eventuali circostanze attenuanti o aggravanti applicate nel calcolo finale della pena; la norma generale soffre di rare eccezioni, che si concretizzano nei casi in cui la legge preveda per un tipo di reato circostanze aggravanti cosiddette ad effetto speciale, tali cioè da comportare aumenti di pena in misura superiore ad un terzo o la rideterminazione della cornice edittale entro nuovi e più elevati limiti, ovvero in secondo luogo l’applicazione di una pena di specie diversa da quella ordinaria. In tali ipotesi, stante il particolare disvalore sociale del fatto così aggravato, la legge giustifica l’innalzamento dei termini di prescrizione, da computarsi nella misura massima prevista per l’aggravante di volta in volta contestata. Nel caso in cui, poi, la legge preveda per il tipo di reato commesso una pena differente sia da quella detentiva sia da quella pecuniaria, il termine di prescrizione è fissato in tre anni. Da ultimo, la norma dispone che i reati puniti con l’ergastolo siano imprescrittibili e che per alcuni reati, di natura particolarmente offensiva, i termini di prescrizione suddetti si intendano raddoppiati; tali sono, per esempio, i reati di natura associativa o terroristica, le ipotesi di maltrattamenti in danno di famigliari, alcune ipotesi di delitti di natura sessuale e l’omicidio stradale.

Ma da quando inizia a decorrere il termine di prescrizione nel diritto civile e penale?

Il decorso del tempo necessario ai fini della prescrizione si calcola sulla scorta del calendario comune e inizia a decorrere dal giorno successivo alla consumazione del reato; per i delitti tentati si calcola, invece, dal giorno in cui è stato commesso l’ultimo atto idoneo ed inequivocabilmente diretto a commettere il reato. Vi sono, poi, peculiari regole dettate per categorie specifiche di reati e tra le più rilevanti, si cita quella che dispone che per i reati commessi ai danni di minori di età, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno del compimento della maggiore età della persona offesa; nel caso in cui, però, l’azione penale per tali reati sia esercitata prima del raggiungimento della maggiore età da parte della vittima, il termine di prescrizione decorre dal momento in cui l’autorità giudiziaria ha acquisito la notizia di reato.

La prescrizione penale, come quella civile, è soggetta a sospensione e ad interruzione; nei casi di sospensione, il decorso temporale rimane per così dire congelato e riprende a decorrere quando la causa di sospensione viene meno, facendo così computare nel termine finale il periodo antecedente e successivo alla sospensione stessa. Allorché si verifichi una causa di interruzione, invece, come già visto per la fattispecie corrispondente civilistica, il corso della prescrizione si arresta in maniera netta e inizia a decorrere fin dal principio, rendendo così vano il tempo trascorso antecedentemente. Costituiscono ipotesi di sospensione tutte quelle circostanze in cui si verifica una stasi del procedimento penale, per ragioni estranee, tuttavia, ai ritardi del meccanismo della giustizia. La recente riforma varata dal Ministro della Giustizia Bonafede ha, poi, previsto che il corso della prescrizione rimanga sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna, rendendo così assai difficoltosa, in concreto, la prescrizione di un reato. Costituiscono, infine, cause di interruzione della prescrizione alcune fattispecie che corrispondono a momenti cruciali del processo, quali i provvedimenti con i quali vengono introdotti i riti alternativi, la richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero o i provvedimenti di natura cautelare.

LEGGI ANCHE > Uno sguardo sull’incidenza dello scorrere del tempo sull’estinzione del reato penale: la prescrizione quale garanzia per l’equo processo

Sitografia e bibliografia sulla prescrizione nel diritto civile e penale:

  • Prescrizione penale di Matteo Bertelli Motta, Altalex, 08/01/2020;
  • Le vicende dell’istituto della prescrizione di Concas Alessandra, diritto.it, 13/01/2020;
  • Quale diritto è imprescrittibile di Angelo Forte, La legge per tutti, 28/09/2019;
  • Elementi di diritto penale parte generale, Cadoppi, Veneziani, CEDAM, quinta edizione;
  • Manuale di Diritto Privato, a cura di Francesco Gazzoni, Edizioni Scientifiche Italiane, XIX edizione.

Lo Studio Legale Valettini & Associati rimane a disposizione per chiarimenti o consulenze legali personalizzate in merito alla prescrizione nel diritto civile e penale.

Quanto tempo può durare una causa civile?

Le rilevazioni – rese disponibili a fine 2020, ma relative all'anno 2018 – hanno evidenziato che una causa civile dura mediamente, in Italia, più di sette anni e tre mesi nei suoi tre gradi di giudizio (2.655 giorni), a fronte di una durata pari a circa quattro anni e tre mesi in Grecia (1.552 giorni), tre anni e ...

Quanto tempo ci vuole per la prescrizione?

In linea generale, laddove la legge non ha disposto in modo differente e specifico, la prescrizione ordinaria è di 10 anni.

Come uscire da una causa civile?

Il codice prevede che se, dopo la costituzione, il giudice, nei casi previsti dalla legge, ordina la cancellazione della causa dal ruolo, il processo deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di tre mesi, in circostanze contrarie si estingue.

Cosa succede se non ti presenti ad una causa civile?

La mancata comparizione dell'imputato in giudizio, in assenza dell'allegazione di un legittimo impedimento, impone al giudice la verifica dei presupposti per dichiararne la contumacia. Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26585/17 depositata il 29 maggio.