Crediti sorti dopo il deposito della domanda di concordato preventivo

Crediti sorti dopo il deposito della domanda di concordato preventivo

LA PREDEDUZIONE E GLI ATTI CONSENTITI NEL PRECONCORDATO

La Cassazione con una serie di decisioni gemelle[1] fissa una serie di principi in tema di prededuzione dei crediti di terzi scaturenti da atti legalmente compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva e chiarisce quali atti l’imprenditore può compiere senza necessità di autorizzazione del tribunale nella fase di preconcordato.

La Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sull’individuazione, alla stregua del disposto della L. Fall., art. 161, comma 7, dei presupposti della prededuzione con riguardo a crediti per prestazioni rese nel periodo interinale concesso al debitore per lo scioglimento della riserva apposta alla domanda di ammissione al concordato preventivo e alla valutazione dell’incidenza della rinuncia alla domanda di concordato sulla configurabilità della consecutio fra le procedure concorsuali.

L’imprenditore può depositare il ricorso “contenente la domanda di concordato” (unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti) riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 161 L. Fall. entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e, prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.

L’art. 161, comma 7, L. Fall. dispone che (i) “dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all’art. 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato”; (ii) “nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione”; (iii) “i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’art. 111”.

L’art. 111 legge fallimentare nell’affermare la prededucibilità dei crediti sorti “in occasione o in funzione” delle procedure concorsuali, individua questi ultimi sulla base di un duplice criterio, cronologico e teleologico, in termini di alternatività[2].

Per la Cassazione la prededuzione, ai sensi dell’art. 161, comma 7, è un effetto automatico solo ove i crediti derivino da “atti legalmente compiuti” dall’imprenditore che abbia chiesto di essere ammesso al concordato.

Per essere prededucibile il credito deve, dunque, derivare da atti “legalmente compiuti”.

La Cassazione statuisce, quindi, che i crediti di terzi, scaturenti da atti legalmente compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, sono in astratto prededucibili nel successivo fallimento, per espressa disposizione di legge, anche quando vi sia stata rinuncia al concordato, poiché il requisito della consecuzione tra le procedure dipende soltanto dalla mancanza di discontinuità dell’insolvenza.

Al fine di individuare quali siano gli atti “legalmente compiuti” nella fase di preconcordato è necessario inquadrare quali siano gli atti consentiti in tale fase.

Nell’ambito della fase di preconcordato è concessa al debitore la facoltà di compiere atti di gestione dell’impresa, senza necessità di autorizzazione, ma pur sempre tenendo conto del fine primario di conservazione dell’integrità e del valore patrimoniale.

Ai fini della possibilità di ravvisare il fondamento della prededuzione del credito derivante da atti di amministrazione ordinaria “legalmente compiuti”, secondo la specifica previsione dell’art. 161, comma 7, L. Fall., la prospettiva del concordato non può essere completamente “in bianco”. Sarebbe, infatti, necessaria una minima discovery, e cioè un’indicazione, perlomeno di massima, ma comunque idonea a segnalare il tipo di proposta che si intenda presentare, così da stabilire almeno verso quale forma di concordato l’imprenditore abbia inteso indirizzarsi, in modo tale da poter confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti.

Nel caso in cui la domanda sia prospettata come veramente “in bianco”, per la Cassazione, dunque, l’atto incidente sul patrimonio non può che considerarsi, ai fini dell’insorgenza di un conseguente credito prededucibile, come eccedente l’ordinaria amministrazione.

Tale conclusione, rileva la Cassazione, è, inoltre, avvalorata, sul piano esegetico, dalla scelta che traspare dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza i crediti dei terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore, dal momento del deposito della domanda sino al decreto di apertura della procedura, sono prededucibili (ai sensi dell’art. 46, comma 4), ma l’art. 46, comma 3, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza prevede che la domanda di autorizzazione al compimento di atti urgenti contenga “idonee informazioni sul contenuto del piano”.

La Suprema Corte di Cassazione nella sentenza in esame ha enunciato, quindi, i seguenti principi di diritto:

“(i) i crediti di terzi, scaturenti da atti legalmente compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato in bianco, sono in astratto prededucibili, per espressa disposizione di legge, nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa, anche ove vi sia stata rinuncia al concordato, poichè il requisito della consecuzione tra le procedure dipende dalla mancanza di discontinuità dell’insolvenza;

(ii) nella fase di preconcordato, ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 7, è consentito al ricorrente di compiere atti di gestione dell’impresa, senza necessità di autorizzazione del tribunale, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio;

(iii) la nozione di atti legalmente compiuti, di cui alla L. Fall., art. 161, comma 7, è legata innanzi tutto al significato della distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, la quale va intesa secondo la L. Fall., art. 167; sicchè resta incentrata sul requisito della idoneità dell’atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, perchè in grado di determinarne la riduzione ovvero di gravarlo di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti;

(iv) anche dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o di straordinaria amministrazione dell’atto deve essere compiuta con riferimento all’interesse della massa dei creditori, e non dell’imprenditore insolvente, essendo possibile che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio dell’impresa possano, invece, assumere un diverso connotato se compiuti nel contesto procedimentale attivato dalla domanda suddetta, laddove gli stessi finiscano con l’investire gli interessi del ceto creditorio mediante l’assunzione di ulteriori debiti o la sottrazione di beni alla disponibilità della massa;

(v) la necessità di valutare l’atto in coerenza con la situazione nella quale è posto in essere impone al debitore, che intenda presentare una domanda di concordato “con riserva”, l’onere di fornire informazioni sul tipo di proposta (o anche sul contenuto del piano) idonee a discernere verso quale forma di concordato egli abbia inteso indirizzarsi, per modo da confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti; sicchè in difetto l’atto, che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio, deve essere considerato, ai fini dell’art. 161, comma 7, come di amministrazione straordinaria”.

Leonardo Vecchione

Avvocato in Roma

[1] Cfr. Cass. civ., sez. I, 29 maggio 2019, n. 14713, conforme a Cass. 14714/19; Cass. 14715/19; Cass. 14716/19; Cass. 14717/19; Cass. 14718/19; Cass. 14719/19; Cass. 14720/19; Cass. 14721/19; Cass. 14722/19; Cass. 14723/19; Cass. 14724/19; Cass. 14725/19; Cass. 14726/19; Cass. 14727/19; Cass. 14728/19; Cass. 14729/19; Cass. 14730/19; Cass. 14731/19; Cass. 14732/19; Cass. 14733/19.

[2] Cfr. Cass. n. 25589/15, Cass. n. 24791/16 e Cass. n. 18488/18.

Quali sono i crediti in prededuzione nel concordato preventivo?

«il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l'accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui alla L.

Quando un credito è in prededuzione?

I crediti prededucibili sono quei determinati crediti che nascono in conseguenza o in ragione della procedura fallimentare. La definizione alternativa ècrediti della massa”: sorgono in seguito agli atti compiuti dal curatore dopo la dichiarazione di fallimento.

Come si chiude la procedura di concordato preventivo?

181, "La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell'articolo 180", e successivamente vi è la fase della esecuzione del concordato, che non prevede un provvedimento di chiusura.

Quanto dura un concordato preventivo in bianco?

2 e 3 entro un termine fissato dal giudice, compreso tra 60 e 120 giorni, prorogabile per un periodo non superiore a 60 giorni, in presenza di giustificati motivi, tesi a garantire una migliore soddisfazione dei creditori, rispetto all'ipotesi della formulazione della proposta nei tempi ordinari.