Opposizione a pignoramento presso terzi ex art 72 bis competenza

1. Premessa

Nella sentenza in rassegna la Commissione tributaria provinciale di Latina ha affrontato la dibattuta questione relativa all’impugnabilità dinanzi al giudice tributario del «pignoramento dei crediti verso terzi» disciplinato dall’art. 72-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Come è noto, quando Equitalia procede a norma della richiamata disposizione, notifica al debitore (non sempre e soprattutto con la medesima tempestività) e al terzo (verso cui il debitore vanti a sua volta un credito) l’ordine di pagare il credito direttamente all’agente della riscossione «fino a concorrenza del credito per cui si procede».

Con la notifica del suddetto ordine ha inizio la procedura esecutiva “esattoriale” che, peraltro, ha carattere stragiudiziale, non richiedendo ancora l’intervento del giudice dell’esecuzione visto che tale intervento si renderà necessario, a norma del secondo comma del suddetto art. 72-bis, soltanto nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, procedendosi in tal caso, «previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del codice di procedura civile» (art. 72, secondo comma, del D.P.R. n. 602/1973).

Se, come abbiamo visto, la notifica dell’ordine di pagamento al terzo segna l’inizio della procedura esecutiva, si pone il problema di stabilire quale sia il giudice che ha competenza giurisdizionale a conoscere dell’impugnazione/opposizione al suddetto atto.

La questione è stata sempre molto controversa e dibattuta, in dottrina come in giurisprudenza: se, da un lato, l’art. 2, primo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce perentoriamente che «restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602», dall’altro lato, si è ritenuto che quando nell’ambito delle contestazioni formulate dall’opponente la natura tributaria del rapporto sotteso all’azione esecutiva risulti prevalente o assorbente rispetto alla natura esecutiva dell’atto notificato al debitore (il pignoramento del concessionario, appunto), sussiste la giurisdizione delle Commissioni tributarie in ordine all’impugnazione di tale atto.

Come vedremo in prosieguo, sulla questione che ci occupa si è recentemente espressa anche la Suprema Corte a Sezioni Unite (1), proponendo una soluzione che i giudici latinensi mostrano di condividere, quantunque non citino mai espressamente l’autorevole precedente.

L’annotata sentenza, dunque, offre l’occasione per riesaminare i termini essenziali di quella questione e per verificare se la soluzione proposta dalla giurisprudenza (ormai) maggioritaria sia o meno soddisfacente, soprattutto per le conseguenze che da essa scaturiscono sul piano applicativo e dell’effettiva tutela dei diritti del contribuente.

2. Il caso di specie

La controversia decisa dalla Commissione tributaria provinciale di Latina traeva origine dalla proposizione di un ricorso avverso un «atto di pignoramento … per crediti verso terzi», notificato da Equitalia Sud s.p.a. «a fronte del mancato pagamento di n. 29 intimazioni di pagamento, tutte notificate in data 22/10/2012 ed emesse, sempre dal Concessionario, a seguito di cartelle esattoriali, regolarmente notificate secondo il Concessionario e non regolarmente notificate secondo il ricorrente».

[-protetto-]

Per quanto emerge dalla narrativa in fatto della pronuncia in rassegna, è lo stesso opponente ad affrontare la questione della «competenza a giudicare del Giudice tributario», invocandone il riconoscimento, nel caso di specie, in ragione del fatto che l’impugnato pignoramento presso terzi era il “primo atto” dallo stesso ricevuto.

Secondo il ricorrente, dunque, l’omessa notifica delle cartelle di pagamento presupposte alle intimazioni di pagamento indicate nell’impugnato atto di pignoramento rendeva illegittimo non solo l’atto dell’esecuzione, ma tutti gli atti ad esso presupposti, motivo per il quale chiedeva che l’adita Commissione annullasse l’atto impugnato e, con esso, i presupposti avvisi di intimazione e cartelle di pagamento.

L’agente della riscossione si costituiva in giudizio e opponeva, pregiudizialmente, il difetto di giurisdizione del giudice adito.

Per quanto riguarda il merito, la parte resistente faceva rilevare che sia le cartelle di pagamento sia le successive intimazioni di pagamento erano state regolarmente notificate al ricorrente e, in assenza di tempestivo ricorso, si erano rese definitive, motivo per il quale le avverse eccezioni riguardanti gli atti presupposti all’impugnato pignoramento risultavano tutte inammissibili perché tardive.

La Commissione tributaria provinciale, dopo avere affermato che nei casi come quello in esame sussiste la giurisdizione del giudice tributario, si è pronunciata per l’accoglimento del ricorso, avendo accertato che le cartelle di pagamento che avevano dato origine alla emissione, prima delle intimazioni di pagamento e poi dell’atto di pignoramento, non erano state mai notificate al ricorrente.

Sulla prima questione, in particolare, i giudici laziali hanno osservato che l’atto di pignoramento, essendo il primo atto regolarmente notificato all’opponente, poteva certamente essere impugnato dinanzi alla Commissione tributaria a mente dell’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.

La mancata notifica degli atti presupposti al pignoramento, infatti, realizza una fattispecie nella quale l’atto esecutivo assume anche «il contenuto e l’efficacia di atto impositivo», con la conseguenza che impugnando tale atto l’azione del ricorrente è finalizzata anche «ad accertare la regolarità dell’iscrizione a ruolo», motivo per il quale essa non può non rientrare nella giurisdizione del giudice tributario, «atteso che la contestazione riguarda la fondatezza del titolo esecutivo, cioè delle cartelle di pagamento, mediante le quali l’Ente ha esercitato la pretesa. In base all’art. 57 del D.P.R. n. 602/73, nell’ambito della riscossione, mediante ruolo, non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del Codice di procedura Civile, tranne quelle relative alla pignorabilità dei beni, e le opposizioni regolate dall’art. 617 del C.P.C. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo. In virtù dell’art. 57, dunque, tutte le contestazioni relative al diritto a procedere all’esecuzione forzata, non appartengono all’esecuzione, pertanto, sono sottratte alla giurisdizione del Giudice Ordinario per essere devolutealla cognizione esclusiva del Giudice Tributario. Nel caso in esame, l’oggetto della controversia è costituito, non da un atto dell’esecuzione, ma dalla contestata fondatezza della notifica delle cartelle di pagamento, quali atti prodromici all’esecuzione. Pertanto, va disattesa l’eccezione del Concessionario sul difetto di giurisdizione».

Quanto all’eccezione del ricorrente relativa all’omessa notifica delle cartelle di pagamento, la Commissione tributaria provinciale ha rilevato che l’agente della riscossione non ha fornito in giudizio la prova di avere regolarmente eseguito tale notifica, essendosi a tal fine limitato a produrre «copia degli avvisi di ricevimento [delle raccomandate di spedizione, n.d.r.] e non delle cartelle. Tale comportamento risulta errato, in quanto, è noto che le relate, se non accompagnate dalle relative cartelle, non hanno alcun valore, in quanto nulla dimostrano in merito alla spettanza di un credito tributario o meno, quindi, l’atto impugnato non ha alcuna valenza risultando giuridicamente inesistente, quindi, privo di efficacia».

3. La giurisdizione sull’impugnazione del pignoramento esattoriale

Come abbiamo anticipato in premessa, la questione di maggiore rilievo sulla quale i giudici latinensi erano chiamati a pronunciarsi riguardava la sussistenza o meno della giurisdizione delle Commissioni tributarie in materia di opposizione/impugnazione del «pignoramento dei crediti verso terzi» eseguito dall’agente della riscossione ai sensi dell’art. 72-bis del D.P.R. n. 602/1973.

Il collegio laziale, come abbiamo visto, ha in primo luogo valorizzato la circostanza che l’atto di pignoramento risultava essere (sarebbe stato, n.d.r.) il “primo atto” notificato al ricorrente e che, per tale motivo, esso era certamente impugnabile dinanzi alla Commissione tributaria in forza dell’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.

A parere di chi scrive, tuttavia, il riferimento alla richiamata disposizione processuale, nel contesto motivazionale della sentenza in esame, si rivelerà del tutto fuori luogo, poiché non è attraverso l’analisi o l’interpretazione della richiamata disposizione processuale che la Commissione tributaria provinciale di Latina giungerà poi ad attribuire alle Commissioni tributarie la giurisdizione in subiecta materia.

Chiariamo bene tale punto: il collegio latinense muove dalla considerazione (errata, come vedremo in seguito) che il pignoramento impugnato sarebbe il primo atto della sequenza procedimentale ad essere stato validamente notificato al ricorrente; successivamente richiama l’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, ne riporta il testo, ma poi non svolge alcuna analisi del richiamato precetto normativo, né chiarisce i motivi per i quali sarebbe in base a tale disposizione che risulterebbe impugnabile dinanzi al giudice tributario un atto dell’esecuzione.

Dopo avere riportato il contenuto del richiamato terzo comma, vale ribadirlo, il collegio pontino tralascia ogni valutazione o considerazione sulla portata e sui risvolti applicativi della suddetta disposizione e passa ad esaminare la natura e la funzione del pignoramento che, si afferma, quando non sia stato preceduto dalla notifica degli atti presupposti «può assumere il contenuto e l’efficacia di atto impositivo».

Quando ciò si verifica, prosegue la Commissione tributaria provinciale, il ricorrente che contesti l’omessa notifica delle cartelle di pagamento presupposte al pignoramento contesta, in tal modo, l’omessa notifica del titolo esecutivo e, con essa, la «fondatezza del titolo esecutivo», e poiché a norma dell’art. 57 dello stesso D.P.R. n. 602/1973, sono precluse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo, tali opposizioni non possono che proporsi dinanzi al giudice tributario.

Questa è, in sintesi, la considerazione giuridica che ha indotto il collegio laziale ad affermare che sussiste in capo alle Commissioni tributarie la giurisdizione in ordine all’opposizione all’atto di pignoramento dell’agente della riscossione ed è una considerazione che, nella sola prima parte, coincide con quella addotta dalla Suprema Corte a sostegno della già richiamata pronuncia a Sezioni Unite del 2011.

4. La sentenza n. 14667/2011 della Suprema Corte

In una controversia concernente una «opposizione all’esecuzione presso terzi intrapresa sulla base di cartelle esattoriali relative al preteso pagamento di tasse automobilistiche», il giudice dell’esecuzione, previa affermazione della propria competenza «a valutare l’esistenza e la validità del titolo esecutivo (nel caso specifico la cartella esattoriale e la causale per la quale essa era stata emessa)», accoglieva l’opposizione e dichiarava la nullità del pignoramento presso terzi.

Proponeva ricorso per cassazione l’ente impositore, denunciando con il primo motivo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice tributario.

Il motivo è stato giudicato fondato dalla Suprema Corte che, in primo luogo, ha ribadito il principio secondo cui «È attribuita alle commissioni tributarie, a norma dell’art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito (a decorrere dal 1° gennaio 2002) dall’art. 12, comma 2, della L. 28 dicembre 2001, n. 448, la cognizione di “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie” … estesa ad ogni questione relativa all’an o al quantum del tributo, che si arresta unicamente di fronte agli “atti della esecuzione tributaria”, fra i quali non rientrano, per espressa previsione degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, né le cartelle esattoriali né gli avvisi di mora” (Sez. Un., 15 maggio 2007, n. 11077; v. anche Sez. Un., 19 novembre 2007, n. 23832)».

Fatta tale premessa, il Supremo Consesso ha stabilito quanto segue: «Vero è che, nel caso di specie, la reazione della contribuente ha investito un pignoramento presso terzi, cioè un atto dell’esecuzione, che, a norma dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lett. a), del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, sarebbe escluso dalla giurisdizione del giudice tributario. Tuttavia, l’oggetto della controversia era costituito non da un atto dell’esecuzione, bensì dalla contestata fondatezza del titolo esecutivo, cioè delle cartelle esattoriali mediante le quali l’ente creditore aveva esercitato la pretesa tributaria che la contribuente riteneva non dovuta: sicché trattandosi di valutare l’an del tributo la giurisdizione non poteva che appartenere al giudice tributario».

In sostanza, nel caso di impugnazione/opposizione dinanzi al giudice tributario di un atto dell’esecuzione, per stabilire se quel giudice sia o meno munito di giurisdizione non rileva il nomen o la natura dell’atto impugnato, bensì l’oggetto della controversia, ovvero le ragioni e il contenuto della contestazione formulata dall’opponente, e ove tale contestazione involga la fondatezza del titolo esecutivo, ovvero l’an o il quantum di un tributo, spetterà all’adita Commissione tributaria pronunciarsi su quella impugnazione e non al giudice ordinario.

Come abbiamo osservato in precedenza, il principio stabilito dalla Suprema Corte è stato recepito e fatto proprio dai giudici latinensi nella pronuncia in esame, anche se, vale evidenziarlo, diversamente da questi ultimi, i Massimi Giudici hanno motivato la propria decisione avendo esclusivo riguardo all’analisi e all’interpretazione dell’art. 2, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.

Non è questa la sede per verificare se e in quale misura la soluzione adottata dalla Corte di Cassazione possa ritenersi condivisibile o, comunque, la più conforme al dettato normativo (2).

Una breve osservazione, tuttavia, ci sembra doverosa.

La Corte di Cassazione, nella sua funzione di supremo organo regolatore della giurisdizione, assume decisioni di cui l’interprete non può che prendere atto, ma la soluzione della questione che ci occupa ha sollecitato in chi scrive la seguente, ulteriore riflessione (un vero e proprio interrogativo): cosa accade nell’ipotesi in cui con l’impugnazione/opposizione di un pignoramento il debitore contesti sia la fondatezza del titolo esecutivo sia i vizi del pignoramento in quanto atto dell’esecuzione?

Se, nell’ipotesi data, per esempio, si contesta anche la pignorabilità dei beni pignorati, opposizione ammessa dall’art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 e pacificamente proponibile dinanzi al giudice ordinario, quale eccezione/contestazione assumerà carattere prevalente o assorbente per individuare il giudice munito di giurisdizione?

Dovremo ipotizzare in questo caso, come la Suprema Corte ha ammesso per l’impugnazione delle misure cautelari (ipoteca e fermo amministrativo), una sorta di “spacchettamento” della giurisdizione e, con essa, dell’impugnazione?

E in caso di risposta affermativa, per una contestazione si pronuncerà il giudice tributario e per l’altra il giudice ordinario? E chi dei due per primo? Come spesso accade, risolta una questione altre, consequenziali, se ne aprono. Ma su tali specifiche problematiche avremo certo modo di tornare.

5. Perplessità sull’esito del giudizio

L’annotata pronuncia, come abbiamo ripetutamente sottolineato, ha risolto la questione di giurisdizione sollevata dalle parti conformemente all’autorevole precedente del Supremo Collegio, e fin qui nulla da obiettare.

Qualche perplessità suscita, invece, la decisione di accogliere il ricorso del contribuente.

Premettiamo subito che esula dalla nostra obiezione l’accertamento dei giudici latinensi, in fatto e in diritto, circa la validità o meno della notifica delle cartelle di pagamento presupposte all’impugnato pignoramento, ovvero circa l’assolvimento da parte dell’agente della riscossione dell’onere di provare in giudizio l’avvenuta regolare notifica di quelle cartelle.

Si tratta, invero, di questione del tutto secondaria nell’ambito della nostra indagine.

Ben più interessante, a nostro avviso, è verificare se davvero, come afferma la Commissione tributaria provinciale di Latina, l’impugnato pignoramento presso terzi era stato il “primo atto” validamente notificato alla ricorrente e se, per tale motivo, la mancata notifica degli atti presupposti costituisse un vizio che invalidava l’intera procedura esattiva.

Risulta, in realtà, dalla stessa premessa in fatto della sentenza che si annota, che il ricorrente avrebbe contestualmente impugnato l’atto di pignoramento e le presupposte 29 intimazioni di pagamento, queste ultime «tutte notificate in data 22/10/2012», eccependo quale unico motivo di impugnazione l’omessa notifica delle presupposte cartelle di pagamento.

Se così è, ovvero, se le intimazioni di pagamento presupposte all’impugnato pignoramento erano state tutte notificate il 22 ottobre 2012, non c’è dubbio che il ricorso sul quale si è pronunciata la Commissione tributaria provinciale di Latina risulterebbe tardivo rispetto all’impugnazione delle suddette intimazioni, perché proposto «il 18 gennaio 2013, a mezzo del servizio postale».

Vale qui ricordare che le “intimazioni di pagamento” sono quegli atti che, a norma dell’art. 50, secondo comma, del D.P.R. n. 602/1973, l’agente della riscossione deve notificare se intende procedere ad espropriazione forzata quando sia inutilmente decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento, per intimare nuovamente al debitore di adempiere l’obbligo risultante dal ruolo (funzione in passato svolta dall’avviso di mora).

Ebbene, come abbiamo visto, l’art. 2, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, stabilisce inequivocabilmente che «Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica».

Ergo, l’intimazione di pagamento è un atto autonomamente impugnabile dinanzi al giudice tributario, come ha stabilito ripetutamente la Corte di Cassazione (3), motivo per il quale tale atto, se non impugnato nei termini, si consolida, producendo, tra le altre, la conseguenza che gli atti successivi – in questo caso gli atti dell’esecuzione forzata – potranno essere contestati soltanto per “vizi propri”, come stabilisce perentoriamente l’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.

Ora, anche tralasciando di esaminare quali ricadute ha (o avrebbe dovuto avere) il consolidamento delle intimazioni di pagamento rispetto all’affermata giurisdizione del giudice tributario in materia di impugnazione del pignoramento, resta un dato ineludibile, ovvero che nella controversia decisa dalla Commissione tributaria provinciale di Latina gli atti presupposti al pignoramento erano stati certamente notificati al ricorrente ma non erano stati tempestivamente opposti, motivo per il quale il ricorso, a nostro avviso, non poteva essere accolto, visto che l’unica eccezione formulata dal ricorrente si fondava sul rilievo che la notifica degli atti presupposti al pignoramento era stata omessa o, comunque, non validamente eseguita.

Dott. Domenico Carnimeo

(1) Cfr. Cass., sez. un., 5 luglio 2011, n. 14667, in Boll. Trib. On-line.

(2) Per un’approfondita disamina del pronunciamento del Supremo Collegio e della successiva giurisprudenza tributaria di merito ved. C. Scalinci, in nota a Comm. trib. prov. di Bari, sez. II, 18 maggio 2011, n. 83, in Giur. merito, 2011, 2839.

(3) Tra le tante cfr. Cass., sez. un., 19 novembre 2007, n. 23832, e Cass., sez. un., 27 gennaio 2011, n. 1865, entrambe in Boll. Trib. On-line.

Imposte e tasse – Riscossione coattiva – Esecuzione forzata – Pignoramento dei crediti verso terzi eseguito dall’agente della riscossione – Opposizione del contribuente volta a contestare la mancata previa notifica degli atti presupposti – Giurisdizione del giudice tributario – Sussiste.

Imposte e tasse – Riscossione coattiva – Esecuzione forzata – Opposizione a pignoramento dei crediti verso terzi eseguito dall’agente della riscossione – Contestazione della regolarità del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione – Giurisdizione del giudice tributario – Sussiste.

Imposte e tasse – Riscossione coattiva – Esecuzione forzata – Riscossione a mezzo ruolo di crediti tributari – Opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c. – Inammissibilità ex art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 – Contestazioni relative al diritto a procedere all’esecuzione forzata – Non appartengono all’esecuzione – Giurisdizione esclusiva del giudice tributario – Consegue.

Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Contestazione della regolare notificazione delle cartelle di pagamento poste a base dell’azione esecutiva promossa a carico del contribuente – Obbligo di esibizione o produzione delle cartelle di pagamento da parte dell’agente della riscossione – Sussiste – Produzione in giudizio delle sole relate di notifica o avvisi di ricevimento delle cartelle – Insufficienza – Mancata prova del credito tributario azionato – Consegue.

Imposte e tasse – Riscossione coattiva – Contestazione della regolare notificazione delle cartelle di pagamento poste a base dell’azione esecutiva promossa a carico del contribuente – Obbligo di esibizione o produzione delle cartelle di pagamento da parte dell’agente della riscossione – Sussiste – Produzione in giudizio delle sole relate di notifica o avvisi di ricevimento delle cartelle – Insufficienza – Mancata prova del credito tributario azionato – Consegue.

Imposte e tasse – Riscossione – Cartella di pagamento – Motivazione – Indicazione delle modalità di calcolo e dei tassi degli interessi reclamati – Necessità – Mancanza – Nullità della cartella di pagamento – Consegue.

L’atto di pignoramento costituisce il prodromo della procedura di esecuzione forzata per la riscossione coattiva di crediti tributari e se in certi casi ha una funzione ripetitiva del ruolo, in altri casi può invece assumere il contenuto e l’efficacia di un atto impositivo, come accade quando non sia stato preceduto dalla notificazione della cartella di pagamento o addirittura dell’avviso di accertamento, di talché allorquando si contesti la stessa iscrizione a ruolo posta a base della cartella di pagamento e della successiva intimazione di pagamento perché mai precedute dalla notifica dell’atto ad esse presupposto il contribuente deve rivolgersi al giudice tributario, e non a quello ordinario, per opporsi al pignoramento dei crediti verso terzi eseguito dall’agente della riscossione.

Anche dopo la notificazione dell’atto di pignoramento dei crediti verso terzi con cui ha inizio il procedimento di espropriazione forzata per la riscossione coattiva di crediti tributari, l’azione finalizzata ad accertare la regolarità dell’iscrizione a ruolo rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice tributario se l’opposizione al pignoramento eseguito dall’agente della riscossione riguardi crediti tributari e contesti la legittimità e fondatezza delle cartelle di pagamento azionate, asseritamente mai preventivamente notificate, atteso che in tale ipotesi la contestazione riguarda la regolarità del titolo esecutivo posto a base della pretesa promossa.

In base all’art. 57 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nell’ambito della procedura di riscossione di crediti tributari mediante ruolo non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c., tranne quelle relative alla pignorabilità dei beni, e le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo, e dunque in virtù del predetto art. 57 tutte le contestazioni relative al diritto a procedere all’esecuzione forzata non appartengono all’esecuzione e sono sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario per essere devolute alla cognizione esclusiva del giudice tributario; pertanto, allorquando l’oggetto della controversia sia costituito non da un atto dell’esecuzione, ma dalla contestata regolarità della notificazione delle cartelle di pagamento, quali atti prodromici all’esecuzione, sussiste la giurisdizione della Commissione tributaria.

Qualora il contribuente contesti la regolarità della notificazione delle cartelle di pagamento poste a base dell’azione esecutiva promossa a suo carico, l’agente della riscossione ha l’obbligo di esibire tali cartelle su richiesta di parte e pertanto qualora non provveda in tal senso, producendo in giudizio solo la copia dei relativi avvisi di ricevimento delle raccomandate postali anziché la copia delle cartelle di pagamento, l’agente medesimo pone in essere un comportamento errato, in quanto gli avvisi di ricevimento e le relate di notifica, se non accompagnate dalle corrispondenti cartelle di pagamento, non hanno alcun valore, poiché nulla dimostrano in merito all’esistenza di un credito tributario, di talché l’atto impugnato risulta privo di valenza, inefficace ovvero giuridicamente inesistente.

Le cartelle di pagamento devono considerarsi nulle se non contengono l’indicazione della base di calcolo degli interessi o se omettono di indicare, in modo dettagliato, i tassi applicati per ciascuna annualità di mora, e pertanto devono considerarsi illegittime tutte le cartelle di pagamento che riportino solo l’ammontare globale degli interessi dovuti, senza indicare come si sia arrivati a tale importo, non specificando i singoli tassi applicati o quale calcolo sia stato fatto per quantificare gli interessi richiesti.

[Commissione trib. provinciale di Latina, sez. III (Pres. Di Carlo, rel. De Meo), 16 gennaio 2014, sent. n. 123]

In data 18 gennaio 2013, a mezzo servizio postale, il sig. … ha prodotto ricorso avverso l’atto di pignoramento … per crediti presso terzi, emesso dall’Equitalia Sud Spa, Concessionaria della Riscossione per la Provincia di Latina, a fronte del mancato pagamento di n. 29 intimazioni di pagamento, tutte notificate in data 22/10/2012 ed emessi, sempre dal Concessionario, a seguito di cartelle esattoriali, regolarmente notificate secondo il Concessionario e non regolarmente notificate secondo il ricorrente.

Il ricorrente con il presente ricorso fa rilevare che le intimazioni di pagamento si riferiscono ad una serie di cartelle di pagamento, presumibilmente notificate al contribuente dall’anno 2003 all’anno 2012 e che dette cartelle non sono state mai ricevute dal contribuente.

Fa presente che essendo l’atto di pignoramento in esame, il primo atto ricevuto, la competenza a giudicare è del Giudice Tributario.

Fa rilevare che le intimazioni di pagamento, oggetto della presente impugnazione, assieme all’atto di pignoramento, non risultano essere state precedute dalla regolare e tempestiva notifica delle cartelle indicate e, comunque, mai pervenute alla diretta conoscenza del destinatario.

È, pertanto, appena il caso di ricordare che, secondo un assai consolidato orientamento giurisprudenziale, in linea con il principio espresso dall’art. 2697 del Codice Civile, è onere della parte (Equitalia), che allega l’avvenuta notifica di un atto presupposto, provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, mediante la produzione di tutti gli atti.

Inoltre, eccepisce la violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000, in quanto le intimazioni di pagamento e le relative cartelle di pagamento da cui derivano e richiamate in motivazione, non sono state allegate.

Con memoria illustrativa prodotta in data 22/5/2013, il ricorrente, visto che all’atto di pignoramento e alle intimazioni di pagamento oggi impugnate, non sono state allegate le copie delle cartelle, con relative relate, chiede espressamente che il Concessionario, avendo notificato le cartelle, che hanno originato sia le intimazioni che il pignoramento, ai sensi dell’art. 26, comma 4 del DPR n. 602/73, produca copia delle predette cartelle in contestazione, proprio in applicazione del 4° comma del suddetto articolo.

Per quanto esposto, in accoglimento del ricorso, chiede l’annullamento dell’atto di pignoramento per crediti verso terzi, di cui in premessa e l’annullamento degli avvisi di intimazione di pagamento e delle relative cartelle esattoriali.

L’Equitalia Sud Spa, con costituzione in giudizio e deduzioni prodotte in data 6/2/2013, eccepisce in via preliminare il difetto di giurisdizione della C.T.P. adita e l’incompetenza della stessa.

In merito fa presente che tutte le cartelle, alla base del pignoramento e le successive intimazioni di pagamento, sono state regolarmente notificate presso la residenza e domicilio fiscale del ricorrente, come si evince dalla documentazione in atti.

Fa presente che le cartelle non sono state impugnate per cui sono divenute definitive. Tanto dedotto ed osservato, il Concessionario chiede in via pregiudiziale e preliminare di:

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dichiarare l’incompetenza della Commissione Tributaria adita per difetto di giurisdizione, essendo competente a statuire sul presente ricorso il Tribunale di Latina, Giudice dell’esecuzione;

dichiarare inammissibile il ricorso in opposizione poiché in aperta violazione con l’art. 57 del DPR n. 602/73;

dichiarare l’inammissibilità delle eccezioni di controparte relative alle cartelle di pagamento e intimazioni, in quanto non ammissibili in sede di opposizione all’esecuzione;

dichiarare le eccezioni relative alle cartelle ed alle intimazioni inammissibili in quanto tardive in violazione dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/92;

dichiarare le eccezioni relative alle cartelle ed alle intimazioni inammissibili in quanto in violazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92;

dichiarare la propria incompetenza per materia;

dichiarare l’inammissibilità del ricorso per omesso deposito delle intimazioni effettivamente qui opposte.

In merito, chiede il rigetto del ricorso.

Il Collegio decide in Camera di Consiglio, non essendo stata prodotta alcuna istanza per la discussione in pubblica udienza e assume la causa in decisione.

OSSERVA – Esaminato il ricorso e gli atti e documenti esibiti dal sig. F.F., nonché le deduzioni dell’Equitalia Sud Spa, a questo Collegio il ricorso appare fondato per cui va accolto.

Preso atto che il ricorrente produce ricorso avverso l’atto di pignoramento come sopra riportato e avverso le intimazioni di pagamento e le relative cartelle in esso riportate e ne chiede l’annullamento totale.

Rilevato che tale atto di pignoramento è stato emesso a seguito di intimazioni di pagamento derivanti da cartelle di pagamento mai notificate alla parte ricorrente.

Il Collegio, per quanto sopra esposto, ritiene che le cartelle di pagamento che hanno dato origine alla emissione, prima delle intimazioni di pagamento e poi alla emissione dell’atto di pignoramento, non sono state mai notificate al ricorrente sig. F.F., per cui il ricorso va accolto.

Il Collegio fa rilevare che il ricorrente ha prodotto giustamente ricorso avverso l’atto di pignoramento, avuto da una regolare notifica, quale primo atto della controversia.

Il Collegio, in merito alla eccezione sollevata da Equitalia Sud Spa, difetto di giurisdizione del Giudice Tributario per incompetenza della Commissione Tributaria Provinciale, fa rilevare che tale assunto è errato, in quanto l’atto di pignoramento è il primo atto che il ricorrente ha ricevuto, per cui ai sensi dell’art. 19, punto 3 del D.Lgs. n. 546/92, l’atto di pignoramento può essere regolarmente impugnato.

Infatti tale punto 3 così recita: “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.

Il Collegio fa rilevare che l’avviso di pignoramento, nel caso in esame, costituisce il prodromo dell’avviso della procedura di esecuzione forzata. In certi casi ha una funzione ripetitiva del ruolo, in altri può assumere il contenuto e l’efficacia di atto impositivo, come ad esempio avviene quando non sia stato preceduto dalla notifica della cartella o addirittura dall’avviso di accertamento.

Per quanto esposto, il Collegio fa rilevare che il contribuente, giustamente, deve rivolgersi al Giudice Tributario e non a quello ordinario per opporsi al pignoramento presso terzi, eseguito dall’Agente della Riscossione, allorché si contesta l’iscrizione a ruolo.

Il Collegio fa presente che, anche dopo la notifica dell’atto di pignoramento, con cui ha inizio il procedimento di espropriazione forzata, l’azione finalizzata ad accertare la regolarità dell’iscrizione a ruolo, rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Tributario, in quanto, l’opposizione al pignoramento presso terzi, emesso dall’Agente della Riscossione, ha per oggetto il recupero di crediti tributari, trattandosi di opposizioni a cartelle esattoriali. L’oggetto della materia del contendere è proprio di competenza del Giudice Tributario di cognizione, atteso che la contestazione riguardi la fondatezza del titolo esecutivo, cioè delle cartelle di pagamento, mediante le quali, l’Ente ha esercitato la pretesa. In base all’art. 57 del DPR n. 602/73, nell’ambito della riscossione, mediante ruolo, non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del Codice di procedura Civile, tranne quelle relative alla pignorabilità dei beni, e le opposizioni regolate dall’art. 617 del C.P.C. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo. In virtù dell’art. 57, dunque, tutte le contestazioni relative al diritto a procedere all’esecuzione forzata, non appartengono all’esecuzione, pertanto, sono sottratte alla giurisdizione del Giudice Ordinario per essere devolute alla cognizione esclusiva del Giudice Tributario. Nel caso in esame, l’oggetto della controversia è costituita, non da un atto dell’esecuzione, ma dalla contestata fondatezza della notifica delle cartelle di pagamento, quali atti prodromici all’esecuzione. Pertanto, va disattesa l’eventuale eccezione del Concessionario sul difetto di giurisdizione e va confermata la giurisdizione di Codesta Commissione Tributaria.

In merito alle cartelle in contestazione, che hanno dato origine alla emissione degli avvisi di intimazione e a sua volta dell’atto di pignoramento, il Collegio fa rilevare quanto segue: il ricorrente pur contestando la notifica delle cartelle avvenute a mezzo servizio postale ai sensi dell’art. 26, comma 4° del DPR n. 602/73, con memorie illustrative prodotte in data 22/5/2013, chiede espressamente che il Concessionario produca copia delle predette cartelle in contestazione, proprio in applicazione del suddetto 4° comma del suddetto articolo.

Il Collegio, visto l’art. 26, comma 4° del DPR n. 602/73, rileva quanto segue: “l’Esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di fame esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione”.

Il Collegio fa presente che il Concessionario, nel costituirsi in giudizio, resiste alle contestazioni di parte ricorrente, ma in fase di esame del ricorso, da parte del Collegio Giudicante, non produce copia delle cartelle con le relative relate di notifica, che ha causato l’emissione e la notifica, prima delle intimazioni di pagamento e poi dell’emissione dell’atto di pignoramento.

Tale mancanza viola un obbligo di legge che dispone che, laddove sia fatto riferimento ad un altro atto, lo stesso deve essere allegato all’atto che lo richiama. Infatti, la Corte di Cassazione, con varie sentenze, ha ritenuto che come prova gli uffici non possono addurre solo dati forniti dall’anagrafe tributaria. Nel caso in esame, l’obbligo era di facile rispetto, in quanto, l’Agente della Riscossione, ai sensi dell’art. 26, comma 4° del DPR n. 602/73, doveva conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella di pagamento, con la relazione dell’avvenuta notifica o avviso di ricevimento ed ha pure l’obbligo di esibirne copia a richiesta del contribuente. Nel caso in esame, l’Equitalia ha prodotto solo copia degli avvisi di ricevimento e non le cartelle. Tale comportamento, a parere della giurisprudenza e di questo Collegio, risulta errato, in quanto, è noto che le relate, se non accompagnate dalle relative cartelle, non hanno alcun valore, in quanto nulla dimostrato in merito alla spettanza di un credito tributario o meno, quindi, l’atto impugnato non ha alcuna valenza risultando giuridicamente inesistente, quindi, privo di efficacia.

Infine, il Collegio fa rilevare che nell’atto impugnato e negli avvisi richiamati in esso, non si conoscono quali tributi vengono chiesti al contribuente e quale calcolo è stato fatto per la richiesta degli interessi, manca completamente il riferimento al tributo oggetto della pretesa e dell’Ente creditore. La Corte di Cassazione, di recente, ha ribadito il proprio pensiero statuendo il seguente principio di diritto: “le cartelle di pagamento devono considerarsi nulle se non contengono l’indicazione della base di calcolo degli interessi, ossia omettendo di indicare, in modo dettagliato, le aliquote applicate per ciascuna annualità di mora. Sono pertanto illegittime tutte le cartelle che riportano solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza indicare come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote”.

Il Collegio fa rilevare che trattasi di principio di trasparenza ormai immanente nel nostro ordinamento tributario, grazie allo Statuto del Contribuente, per cui non è sufficiente richiamare solo le cartelle.

Il Collegio fa presente che, per tutti i motivi esposti, è venuto meno il diritto di difesa, tale da ritenere le cartelle mai notificate alla parte ricorrente, per cui sono da considerare nulle.

Pertanto, l’avviso di intimazione di pignoramento è da ritenere nullo in quanto emesso su atti inesistenti.

Il Collegio fa presente che, per quanto sopra ne discende la nullità, annullabilità ed inefficacia dell’atto impugnato, pignoramento, con la evidente conseguenza della inesigibilità delle somme dallo stesso portate.

Per quanto premesso si ritengono assorbiti tutte le altre questioni, domanda o eccezione, proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio.

Il Collegio, preso atto di quanto sopra esposto e considerato, valutate le motivazioni addotte dal ricorrente e le argomentazioni sollevate dall’Equitalia Sud Spa, ritiene che sussistono condizioni di fatto, sostenute da valide posizioni in diritto, che inducono ad accogliere il ricorso in trattazione.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M. – Accoglie il ricorso. Compensa le spese.

Come opporsi ad un pignoramento presso terzi?

L'opposizione del terzo all'esecuzione è il rimedio concesso al terzo che vede pignorati i propri beni che non appartengono al patrimonio del debitore. Costui può proporre opposizione con ricorso al giudice dell'esecuzione prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei beni.

Dove si notifica l'opposizione all'esecuzione?

618 bis c.p.c.). Le notificazioni dell'atto introduttivo vanno effettuate al creditore nel luogo in cui questi ha dichiarato la residenza o ha eletto domicilio, e in mancanza di elezione o dichiarazione, le notificazioni si fanno presso la cancelleria del giudice in cui il precetto è stato notificato.

Quando l'esecuzione non è ancora iniziata la competenza a decidere sull opposizione agli atti esecutivi a chi spetta?

se l'esecuzione è già iniziata, sarà competente il giudice della stessa; se l'esecuzione non è ancora iniziata, il giudice territorialmente competente si individua ex art. 480 co. 3 c.p.c.

Quando perde efficacia il pignoramento presso terzi?

Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi quarantacinque giorni(1) senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita [art. 156 delle disp. att. c.p.c.](2) (3).