Sono separata ho diritto alla pensione di reversibilità

La legge 21 luglio 1965, n. 903 riconosce il diritto alla pensione, indiretta o di reversibilità, in favore del coniuge superstite. Come già precisato dall’Istituto (circolare INPS 18 novembre 2015, n. 185) anche il coniuge separato ha diritto alla pensione ai superstiti.

Con la circolare INPS 1° febbraio 2022, n. 19, l’Istituto recepisce ora l’orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione che riconosce il diritto alla pensione ai superstiti anche in favore del coniuge separato con addebito senza assegno alimentare, superando così l’indicazione secondo cui il trattamento era riservato solo al coniuge separato titolare di assegno alimentare.

La circolare fornisce, inoltre, le istruzioni sulla gestione delle domande già presentate o respinte e sulla ricostituzione o revoca delle pensioni già liquidate ad altre categorie di superstiti.

La pensione di reversibilità spetta anche all’ex coniuge, separato o divorziato. Vediamo insieme a quali condizioni e come viene ripartita tra l' ex coniuge e il coniuge superstite.

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La pensione di reversibilità.

La pensione di reversibilità è una prestazione economica erogata ai familiari di un pensionato/a in caso di sua morte.

Il diritto alla pensione di reversibilità ha natura previdenziale e sorge automaticamente a favore dei beneficiari a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il decesso del pensionato/a.

La pensione di reversibilità spetta:

  • al coniuge superstite anche se separato o divorziato;
  • ai figli, anche adottivi o affiliati, minorenni, inabili, studenti entro il 21^ anno di età o 26^ anno di età se universitari e a carico;
  • ai nipoti a carico del pensionato/a alla sua morte.

Esistono poi delle ipotesi in cui il trattamento pensionistico in discorso può essere riconosciuto anche a genitori, fratelli e sorelle.

La pensione di reversibilità all'ex coniuge.

Come sopra detto la pensione di reversibilità spetta sia al coniuge separato consensualmente, che giudizialmente con addebito (sul punto leggi, La separazione consensuale dei coniugi).

In caso di divorzio, invece, la legge prevede che il coniuge divorziato abbia diritto alla pensione di reversibilità alle seguenti condizioni:

  1. non deve aver contratto un nuovo matrimonio;
  2. deve essere titolare di assegno divorzile;
  3. il rapporto di lavoro da cui origina il trattamento pensionistico deve essere anteriore alla sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili.

Il coniuge divorziato che abbia ottenuto l’assegno divorzile mediante la corresponsione di una somma di denaro in un’unica soluzione, alla morte dell’ex coniuge, non vanta alcun diritto alla pensione di reversibilità.

Tuttavia, qualora il defunto, dopo il divorzio, si sia risposato, il coniuge che gli sopravvive avrà ugualmente diritto alla pensione in discorso insieme all’ex coniuge, con il quale dovrà ripartire la pensione di reversibilità, attraverso uno specifico procedimento giudiziale, da avviare con la necessaria assistenza di un avvocato.

La ripartizione delle pensione di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite.

La domanda che spesso viene posta agli avvocati di miOPPONGO.it è questa: “Avvocato, in che modo viene effettuata questa ripartizione? Al 50%? Quali criteri vengono utilizzati?”

Va detto che la legge non stabilisce l’entità della quota di pensione spettante al coniuge superstite e all’ex coniuge, per cui questa andrà di volta in volta quantificata dal Giudice. L’elemento principale, quello che in assoluto ha la maggiore incidenza e che sostanzialmente stabilisce quale parte ha diritto a percepire la quota più cospicua di pensione, è rappresentato dalla durata dei matrimoni.

Tuttavia la Corte di Cassazione ha sancito più volte (da ultimo con l’ordinanza n. 25656/2020) che la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite debba essere effettuata non solo sulla base del critero della “durata dei matrimoni“, bensì tenendo conto di ulteriori criteri, quali:

  1. l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge;
  2. le condizioni economiche complessive dell’ ex coniuge e del coniuge superstite;
  3. la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali;
  4. il contesto in cui si sono svolte le due convivenze (quindi, ad esempio l’assistenza prestata dal coniuge superstite per la cura del coniuge poi defunto);
  5. l’età del coniuge superstite e dell’ex coniuge;
  6. le disposizioni operate dal coniuge defunto in favore del coniuge superstite.

Solo una valutazione che tenga conto di questi fattori, la cui rispettiva rilevanza rispetto al caso concreto è rimessa alla discrezionalità del Giudice, potrà realizzare quella finalità solidaristica che è alla base del riconoscimento del trattamento previdenziale.

Il consiglio degli avvocati di miOPPONGO.it.

Alla luce di quanto esposto è evidente che, in tutti quei casi in cui vi sia una forte disparità di durata tra il primo ed il secondo matrimonio, la pensione di reversibilità sarà di fatto destinata ad essere ripartita in due quote di cui una sensibilmente maggiore rispetto all’altra.
Che fare dunque per tutelare il coniuge superstite se la quota di pensione di reversibilità cui questo dovrebbe aver diritto fosse quella più modesta?
In questi casi una soluzione potrebbe essere che il coniuge, mediante testamento, lasci al “nuovo” coniuge (superstite)  i suoi beni o di parte di essi così da garantirgli, non potendo fare affidamento su una quota consistente della pensione di reversibilità, le risorse necessarie e sufficienti per far fronte ai suoi bisogni (leggi, Il testamento: come e perchè farlo).

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