Stop al vincolo paesaggistico se non dettagliatamente motivato: la sentenza TAR Brescia n. 358/2022 ha consentito l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici, annullando una prescrizione che obbligava il richiedente a metterli a terra o su strutture di pertinenza basse. No, il pannello solare non ha nemmeno più il “problema” del disturbo visivo: i vincoli paesaggistici devono essere molto ben motivati.
Famiglia salva un cucciolo di volpe
Largo al fotovoltaico sui tetti: i vincoli paesaggistici devono essere ben motivati, non solo essere citati genericamente, presupponendo un “disturbo” visivo, che oggi non esiste più: la sentenza del TAR di Brescia n. 358/2022 ha consentito l’istallazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici, annullando una prescrizione che obbligava il richiedente a metterli a terra o su strutture di pertinenza basse.
I fatti
L’Ente Parco dei Colli di Bergamo emette un provvedimento di autorizzazione paesaggistica che impone l’installazione di pannelli solari a terra o su strutture pertinenziali basse contro un progetto di installazione sui tetti di edifici.
Il richiedente dell’autorizzazione non ci sta e presenta ricorso al TAR di Brescia, sostenendo che il progetto iniziale, quello dei pannelli sui tetti, deve andare avanti, non accettando i presunti vincoli paesaggistici.
E il TAR accoglie il ricorso, dando probabilmente il via allo sblocco di alcuni stop che ora appaiono immotivati.
La sentenza
Preliminarmente, va rammentato che, secondo consolidati principi giurisprudenziali, l’autorizzazione paesaggistica e il suo eventuale diniego devono essere congruamente motivati – si legge nel testo – attraverso l’esposizione delle ragioni di effettiva compatibilità o incompatibilità delle opere da realizzare con gli specifici valori paesistici dei luoghi
In altre parole, non basta appellarsi genericamente al presunto disturbo visivo o all’ancora più presunta alterazione del paesaggio.
[…] l’Autorità che esamina la domanda di autorizzazione non può limitarsi a utilizzare affermazioni apodittiche ma è tenuta a verificare se la realizzazione del progetto comprometta effettivamente l’area protetta e se esso sia o meno compatibile con il mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi
Siamo qui di fronte alla contrapposizione di due interessi: quello ambientale ed economico, di poter produrre energia da una fonte pulita e quello di non deturpare il paesaggio naturale. Ma mentre produrre energia da pannelli fotovoltaici è sicuramente un modo rispettoso dell’ambiente di produrre energia, l’alterazione del paesaggio è da dimostrare, e va motivata. Questo il grande passo di questa sentenza.
[…] le motivazioni dell’eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile devono essere particolarmente stringenti, non potendo ritenersi sufficiente che l’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica
In altre parole, il paesaggio non è deturpato solo per una ridotta ed opinabile estetica. E c’è di più, perché, come riportato a chiare lettere nella sentenza, i pannelli fotovoltaici non sono “oggettivamente brutti”.
La presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici, pur innovando la tipologia e morfologia della copertura, non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva. Il motivo è, quindi, fondato e il provvedimento impugnato deve essere annullato
Piccolo grande passo verso lo sblocco di motivazioni ostative oggi davvero incomprensibili.
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Fonte: Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
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Consiglio di Stato: la Soprintendenza può opporsi alla realizzazione di un impianto fotovoltaico solo se sull’area è stato apposto un vincolo ambientale, paesaggistico o culturale.
Mentre procede, in Parlamento, l'iter di conversione in legge del DL 17/2022 (cd. Decreto Energia e Bollette), contenente, al suo interno, svariate 'migliorie' e 'semplificazioni' in materia di impianti fotovoltaici, ci imbattiamo nella sentenza 2242/2022 del Consiglio di Stato che, di fatto, ci spiega che l'eventuale diniego della Soprintendenza deve essere giustificato da un vincolo, di tipo ambientale, paesaggistico o culturale.
Opposizione a iniziative private sul fotovoltaico
La sentenza, molto lunga, riguarda il ricorso che una società agricola aveva presentato dopo il diniego, presso la Conferenza dei Servizi, da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali (mentre tutte le altre PA avevano dato il benestare) per l'installazione di pannelli fotovoltaici. Il 'no' era stato motivato dal fatto che i pannelli a terra avrebbero danneggiato il paesaggio e l'area archeologica vicina.
Ma per la società agricola:
- l'impianto non sarebbe stato visibile considerando la morfologia del territorio;
- il territorio in questione non ricadeva in un'area sottoposta a vincolo (paesaggistico o ambientale).
L’oggetto del contendere, quindi, riguarda la questione di diritto circa la legittimità dell’esercizio del potere del MIBACT – e, a valle, del Consiglio dei Ministri nel conseguente esercizio di un potere di alta amministrazione – di opporsi ad iniziative private (espressione del diritto, costituzionalmente presidiato, di libera iniziativa economica, oltretutto in un settore oggetto di favor normativo) che, come nella specie:
- non insistono direttamente, tenuto conto delle prescrizioni con cui è stato approvato il progetto, su aree di cui l’Amministrazione abbia positivamente dimostrato la sottoposizione a vincolo paesaggistico, archeologico, idraulico o boschivo, né la pendenza di un procedimento teso alla prospettica apposizione di un vincolo siffatto;
- non risultano ledere concretamente beni paesaggistici contermini (per quanto risulta agli atti, il fosso Arroncino verrebbe sotto-scavato, sì che non vi sarebbe in situ alcuna opera visibile, né alcuna alterazione dell’alveo);
- non constano interferire con emergenze archeologiche positivamente accertate e poste ad una distanza dall’impianto giuridicamente rilevante (cfr. art. 14.9 del d.m. 10 settembre 2010).
La Soprintendenza può opporsi sono se ci sono dei vincoli da proteggere
La conclusione di Palazzo Spada è chiara: il MIBACT, quale “Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali” (cfr. art. 14-quinquies, l. n. 241 del 1990), può legittimamente svolgere l’opposizione avanti il Consiglio dei Ministri soltanto allorché decisioni di altre Amministrazioni siano ritenute direttamente lesive di beni già dichiarati, nelle forme di legge, di interesse ambientale, paesaggistico o culturale e, per tale ragione, sottoposti a forme, più o meno incisive, di protezione (ovvero, altrimenti detto, ad un regime giuridico speciale), con contestuale riduzione (che può spingersi sino alla radicale nullificazione) delle facoltà di iniziativa privata.
Il PTPR non può apporre vincoli...
In ultimo, il Consiglio di Stato osserva che il piano territoriale paesistico regionale (PTPR):
- non ha, di per sé, valore di autonoma apposizione di vincolo, ma di semplice (e generale) indirizzo pianificatorio per gli Enti pubblici;
- ammette, nell’area, impianti di tal fatta (cfr. del resto, in termini generali, l’art. 12, comma 7, d.lgs. n. 387 del 2003).
A rinforzo, si evidenzia che nell'area di cui si dibatte non sono stati concretamente riscontrati, da parte delle competenti strutture amministrative, effettivi impatti né in termini di visibilità, né in punto di prospettica fertilità dei suoli, elementi che, viceversa, si sarebbero dovuti puntualmente dimostrare (con contestuale e precisa indicazione delle ragioni della ravvisata insufficienza delle previste misure di mitigazione) per sostenere la decisione di opporsi alla realizzazione dell’opera.
...e non sono state indicate possibili alternative
Tra l'altro, il MIBACT non ha indicato alternative meno impattanti sull’interesse del privato, ma comunque idonee a preservare gli allegati interessi pubblici e tutte le altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento hanno preso una motivata e circostanziata posizione favorevole all’intervento, anche in punto di tutela paesaggistica ed ambientale.
Il no della Soprindentenza, quindi, in questo caso è illegittimo.
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