Come aiutare una persona che non vuole aiuto

Chi richiede aiuto per altri è spesso preoccupato ed esasperato. Dopo vari tentativi fallimentari in cui ha provato a far ragionare il proprio caro, a fargli ammettere l’esistenza di un problema e a convincerlo di rivolgersi ad un esperto, spess

Spesso mi arrivano richieste di aiuto per conto terzi: fidanzati, parenti o amici affettuosi e attenti che desiderano supportare e dare una mano ad un proprio caro che soffre di un qualche disagio psicologico o di un conclamato disturbo ma che rifiuta di riconoscerlo.

Le problematiche che portano sono le più diverse :

  • Depressione

  • Disturbi alimentari

  • Difficoltà relazionali/familiari

  • Isolamento sociale

  • Scarsa autostima,…

Chi richiede aiuto per altri è spesso preoccupato ed esasperato. Dopo vari tentativi fallimentari in cui ha provato a far ragionare il proprio caro, a fargli ammettere l’esistenza di un problema e a convincerlo di rivolgersi ad un esperto, spesso non sa concretamente più cosa fare.

Intanto bisogna dire che riconoscere che il proprio caro ha un problema non è certamente facile e ancora meno facile è ammettere che non si è in grado di aiutarlo da soli.

Rivolgersi a uno psicologo può essere utile innanzitutto per inquadrare al meglio la situazione problematica. Lo psicologo non è un cacciatore di colpevoli, ma una persona in grado di poter mettere ordine e dare chiarezza in un momento particolare in cui i familiari, i fidanzati o gli amici, immersi in una situazione di caos, non intravedono altre vie d’uscita.

Inoltre spesso questi parenti e amici preoccupati, si ritrovano a “sospendere la loro vita” e ad impiegare la gran parte delle loro energie (pensieri, emozioni, azioni) a cercare un modo per aiutare il loro caro spesso col risultato opposto, inasprendo i rapporti ed alimentando quel circolo vizioso di resistenza all’aiuto.

Cosa si può fare se si notano dei comportamenti per così dire preoccupanti?

  1. Intanto non colpevolizzarsi per non essere in grado di aiutarlo.

  2. Poi, accettare che la persona che avrebbe bisogno di aiuto potrà cambiare e risolvere i suoi problemi solo se lo vuole lei stessa: uno dei principi cardine della psicoterapia è che non si può aiutare chi non vuole essere aiutato.

  3. Infine, a volte può essere molto più utile e importante che chi si fa portatore della domanda di aiuto, aiuti in primis se stesso ad uscire dalla sensazione di ansia e impotenza e dal disagio di essere alla mercè degli stati d’animo del proprio caro, cercando per se stesso un sostegno psicologico.

“Se aiuti gli altri, verrai aiutato. Forse domani, forse tra un centinaio d’anni, ma verrai aiutato. La natura deve pagare il debito” – G. I. Gurdjieff

Vi siete accorti che la persona che amate avrebbe bisogno di un supporto psicologico, ma non vuole andare in terapia?

Vediamo insieme come fare per convincerlo e fargli capire che ne avrebbe bisogno e quali errori evitare.

I motivi per cui una persona dovrebbe andare in psicoterapia sono tanti: per l’ansia, perchè si soffre di attacchi di panico, perchè ci si sente depressi, perchè si è vissuta una perdita importante, una malattia, un evento traumatico o si vuole affrontare una dipendenza affettiva o da sostanze.

Ma purtroppo, capita che quando parliamo alla persona a cui vogliamo bene della psicoterapia, mette un muro davanti e non ne vuole sapere. In quel caso devi trovare il modo giusto per dirglielo, vediamo come.

Infatti, dire a qualcuno che ha bisogno di una terapia non è facile. E’ un consiglio che va dato con molto tatto e molta attenzione. Avere un approccio sbagliato significherebbe avere l’effetto contrario. La risposta potrebbe essere violenta, del tipo “Io non sono pazzo!”, opppure “Voi non state bene con la testa, andateci voi!”. Ecco perchè può essere un momento molto delicato.

Spesso i parenti o i familiari vengono in terapia dopo che hanno provato vari modi per comunicare, e purtroppo, dopo vari errori che andrebbero evitati. Molti soggetti infatti, sentendo attorno a sé una forte pressione psicologica tenderanno all’opposto, accentuando i propri comportamenti o peggiornado i propri sintomi

Evita di metterlo sotto forma di consiglio

Il consiglio, in qualche modo, pur se a fin di bene, è sempre un giudizio dell’altro che stai esprimendo. Se il soggetto in questione è una persona che non ama molto essere consigliato, probabilmente oltre a respingere il consiglio, si sentirà giudicato. Una cosa che si potrebbe fare, invece, è quella di fargli delle domande che lo portino a riflettere sul suo stato attuale, di benessere mentale.

Prova ad essere onesto su quello che pensi

Avere tatto e fare attenzione, non significa non dire cosa si pensa, ma dirglielo bene e con sincerità. Per esempio frasi come ” penso che hai bisogno di una terapia“, è una frase molto vaga e accusatoria. Una frase più specifica come ”sono preoccupata per come stai reagendo alla perdita di tuo padre…”, potrebbe essere una forma molto più empatica e assertiva.

Essere informati su ciò che si sta suggerendo

Se pensate già alla psicoteriapia o ad uno psicoterapeuta specifico, allora è bene che ti informi sul modo di dare anche delle indicazioni più dettagliate a chi si rifiuta di farsi aiutare. Andare a conoscere di persona lo psicologo, fare un primo incontro e chiarire la situazione è sicurmaente un buon inizio. E solo così si potrà decidere la modalità migliore di aiuto per la persona cara. A volte i “pazienti”, vedendo che i loro familiari si attivano loro stessi per primi con lo psicologo, mettendosi quindi direttamente “in discussione”, accettano di svolgere alcuni colloqui familiari o anche individuali.

Ci sono varie possibilità

  1. Trovare il modo giusto per far venire la persona in terapia senza costrizioni, minacce o ricatti di alcun tipo, ma portandolo a rendersi conto (anche se non completamente) del suo stato di malessere
  2. Migliorare la comunicazione ed i comportmenti dei principali “attori” del sistema familiare o delle relazioni significative in cui la persona vive. Per la serie “se tutti cambiano, anche il soggetto all’interno di quel sistema deve cambiare”. Quindi, sarà utile capire chi sono le persone significative per il soggetto e conivolgerle nella cura della persona cara.
  3. Una terapia indiretta è sempre possibile! Quando ogni tentativo è vano e quando anche i familiari sono collaborativi, ma il soggetto si rifiuta categoricamente allora una psicoterapia indiretta è la scelta migliore. Adottare le giuste contromisure, alcune strategie ed alcuni stratagemmi psicologici può essere utile per migliorare prima di tutto l’ansia familiare o dei cari, e poi occuparsi (nei limiti del possibile) del benessere della persona in difficoltà.

Se insiste che non vuole andare in terapia, cerca di non essere troppo pressante, e lasciagli il tempo sufficiente per riflettere. Quando ti trovi in questa situazione, è fondamentale rispettare i tempi di chi non vuole andare in terapia e sopratutto capire che non è quella l’unica soluzione a tutti i mali, ma per fortuna ci sono altre modalità! 

Cosa fare per aiutare una persona che non vuole essere aiutata?

Il modo migliore per aiutare una persona che non vuole essere aiutata è stare (discretamente) al suo fianco fino quando avrà bisogno di parlare o deciderà di chiedere aiuto.

Come far capire a una persona che ha bisogno di aiuto?

Utilizzare le affermazioni e parlare in modo assertivo, utilizzando frasi con “Io”, come ad esempio “Io sono preoccupa per te”. Chiedere un regalo in maniera letterale. Chiedere alla persona che si vuole bene di farci il dono di cercare finalmente aiuto.

Come comportarsi con una persona depressa che non vuole aiuto?

Quindi, per sapere come trattare una persona depressa, è importante sapere che spesso si comporta così a causa del suo disturbo. Incoraggiateli ad uscire con voi: il modo migliore per aiutare una persona depressa che non vuole aiuto è cercare di fargli sapere che non è sola e che è importante per voi.

Quali sono i comportamenti di una persona depressa?

I comportamenti che contraddistinguono la persona depressa sono l'evitamento delle persone e l'isolamento sociale, i comportamenti passivi, frequenti lamentele, la riduzione dell'attività sessuale e i tentativi di suicidio.

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